La tecnologia per la produzione di idrogeno verde sta affrontando crescenti criticità finanziarie, parallele alle sfide delle fonti rinnovabili, come il solare ed eolico, che dipendono pesantemente dai sussidi governativi. Attualmente impiegata nella raffinazione del petrolio e nell’industria dei fertilizzanti, questa tecnologia ha registrato un aumento del 65% nei costi di produzione nell’ultimo anno, come evidenziato da uno studio del McKinsey per il’Hydrogen Council.
I rincari sono imputabili al costo del denaro, all’incremento dei prezzi di alcune materie prime e alle difficoltà negli investimenti off-shore per l’eolico, portando società come Siemens Energy sull’orlo della bancarotta e causando l’abbandono di numerosi progetti da parte di investitori pubblici e privati.
Il prezzo degli elettrolizzatori necessari per ottenere idrogeno dall’acqua è salito a circa 2000$ per kW/h, con un aumento del 10% e punte del 40% dal 2021.
Contrariamente alle previsioni del Boston Consulting Group del 2021 che stimavano il costo dell’idrogeno prodotto tramite questo processo a 3 euro/kg, due anni dopo, le nuove valutazioni costi/benefici indicano un intervallo tra 5 e 8 euro/kg. Studi dell’Università Bocconi suggeriscono cifre ancora più elevate, oscillando tra 9 e 14 euro/kg.
L’Unione Europea ha come obiettivi la produzione di 10milioni di tonnellate di idrogeno verde entro il 2030, ma secondo l’AIE (agenzia internazionale energia) nel 2022 in tutto il mondo ne sono state prodotte meno di 100mila tonnellate.
Molte imprese, seguendo la tendenza dell’eolico off-shore, stanno quindi abbandonando progetti economicamente insostenibili e ciò sta mettendo in grave crisi tutti gli obiettivi (folli??) della transizione ecologica di cui l’Europa continua a farsi ideologicamente paladina, senza accettare valutazioni critiche che oramai si levano da più parti nel mondo.
E gli investimenti nelle gigafactory per le auto elettriche?
In Turchia, la Koc Holding ha recentemente revocato un accordo con Ford e il produttore sudcoreano LG Energy Solution per la costruzione di una grande fabbrica di batterie per veicoli elettrici. La decisione è stata influenzata dall’attuale lentezza nell’adozione di auto elettriche.
La Koc ha sottolineato che, considerando il ritmo attuale di adozione, gli investimenti nelle batterie non sono appropriati.
La decisione riflette una cautela più ampia nel settore delle batterie, con segnali di rallentamento degli ordini. Questo avviene in un contesto in cui altri grandi attori, come Continental e Goodyear, stanno annunciando tagli e chiusure di fabbriche, evidenziando le sfide nel settore automobilistico legate alla transizione verso veicoli elettrici.
La situazione solleva dubbi sulla domanda di auto elettriche e la sostenibilità economica delle attività legate alle batterie. La Turchia non è l’unica a vivere una situazione del genere, con progetti come Britishvolt nel Regno Unito che sono naufragati.
Concludendo, la realtà del mercato e le decisioni delle aziende stanno portando a una revisione degli investimenti non solo nel settore delle auto elettriche, ma in tutta la politica della transizione energetica. Speriamo che anche l’Europa, prima che sia troppo tardi per noi, si svegli!