Skip to main content

600 miliardi di dollari l’anno solo per rinnovare la rete elettrica globale.

Questa è la stima ottimistica che risulta per poter “collegare” la domanda di nuove apparecchiature elettriche sempre più energivore, con “l’offerta” di energia proveniente dalle reti di produzione rinnovabile soprattutto eoliche e fotovoltaiche.

Inoltre per produrre energia elettrica con sole e vento sono e saranno necessari sempre più materiali rame,zinco, manganese,acciaio, alluminio, silicati e terre di rare, questi elementi si trovano in giacimenti minerari.

Un ulteriore sfida e problema, sarà quello di ampliare i giacimenti esistenti e di aprirne di nuovi, con processi che possono durare fino a quindici anni. L’intensità minerale della cosiddetta transizione ecologica è infatti molto alta.
Per un singolo megawatt di capacità di produzione eolica, ad esempio, servono da tre a sei tonnellate di rame, circa 5 di zinco, 800 chili di manganese. Senza contare le tonnellate di acciaio e alluminio necessarie per le infrastrutture.

Una torre eolica da 10 megawatt di potenza può contenere fino a sessanta tonnellate di rame; analizzando gli obiettivi dell’agenda 2030, dove si chiede di portare la capacità di produzione di energia eolica a 300mila megawatt, i calcoli risultanti portano a una richiesta di 1.8milioni di tonnelate di rame! E senza contare il resto (reti e infrastrutture secondarie di supporto).

In questo scenario critico come si posizionano i Paesi?

Energy Monitor ha esaminato quali sono i Paesi che effettivamente esercitano un certo grado di controllo delle risorse minerarie necessarie alla transizione, tramite le proprie aziende che lavorano materiali strategici (rame, cobalto, litio e manganese), internamente o in gestione esterna alla propria nazione di origine.

Si scopre che oltre la Cina che fa storia a sè, i paesi con più controllo di risorse minerarie sono nell’ordine: Canada, Usa, Gran Bretagna, Australia e Messico.

Complessivamente, le aziende minerarie con sede nei quattro paesi anglofoni controllano una produzione di minerali critici
pari a 1,62 miliardi di tonnellate all’anno!

L’Unione europea, è molto indietro, sia perchè non dispone nel proprio territorio di riserve minerarie sufficienti, sia per debolezza finanziaria e di investimenti in tali settori svolti da poche compagnie minerarie degne di nota.

Per concludere, un report di McKinsey stima in 276 trilioni di dollari il giro di affari per il raggiungimento degli obiettivi di emissioni zero entro il 2050 (9.200 miliardi l’anno). Si tratta di più del doppio del PIL mondiale (104 trilioni).

Stiamo parlando di un mare di denaro che direttamente o indirettamente saremo “costretti” a sborsare.

Che fare quindi in quest’ottica?

Nell’attesa che certi obiettivi energetici vengano rivisti e corretti man mano che criticità come quelle elencate emergono, crediamo che il recupero, il riuso e il rinnovamento di macchinari e attrezzature industriali usate possa aiutare in questi anni di transizione per non perdere, soprattutto nel nostro Paese, quel tessuto industriale fatto di PMI e realtà artigianali con budget limitati.

La nostra mission è proprio questa: facilitare e agevolare le necessità di tali imprese nei lori bisogni produttivi.