Nonostante le giuste osservazioni del nostro Paese al folle regolamento PPWR (vedi precedente articolo), che avevano fatto maturare un’apertura a fine Novembre scorso, da parte dell’Europa, in cui si considerava l’idea del riciclo ammettendo di nuovo gli imballaggi per frutta e verdura (un compromesso che all’Italia sarebbe andato bene considerando che siamo il primo paese per capacità di riciclo). Ora il volta-faccia Europeo ha portato a un’approvazione generale delle norme in oggetto, lasciando il nostro Paese e la filiera di imprese interessate col cerino in mano. L’Italia è stata l’unica a votare a sfavore, ma ciò non è bastato in quanto il veto non è ammesso nell’approvazione di tale testo.
Antonio D’Amato, presidente dell’European Paper Packaging Alliance e della Seda International Packaging Group, critica l’orientamento generale del Consiglio, definendolo “ideologico” e affermando che rischia di annullare decenni di investimenti nel modello di economia circolare italiano, che è leader a livello internazionale.
Gli obiettivi del regolamento.
Il regolamento, nella sua versione governativa, stabilisce requisiti rigorosi per garantire la riciclabilità degli imballaggi, standard di etichettatura e obiettivi vincolanti di riutilizzo. Ciò include limitazioni sui tipi di imballaggi monouso e la necessità di ridurre al minimo gli imballaggi utilizzati, con l’obiettivo principale di ridurre la produzione complessiva di rifiuti.
Il Consiglio mantiene un ampio campo di applicazione per la proposta, coprendo tutti gli imballaggi e stabilendo obiettivi chiave entro il 2030 e il 2040 per il contenuto minimo di plastica riciclata negli imballaggi. I rifiuti da imballaggi devono diminuire del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040.
Un punto di controversia è lo spostamento dell’attenzione dall’approccio di riciclo a quello del riutilizzo: il Consiglio ha mantenuto i criteri proposti, stabilendo requisiti specifici per diverse categorie di imballaggi, con target differenziati per grandi elettrodomestici, imballaggi da asporto per alimenti e bevande, imballaggi flessibili e altro ancora.
D’Amato prevede che l’adozione di obiettivi obbligatori di riutilizzo e il divieto di prodotti monouso nei ristoranti danneggeranno i sistemi nazionali di riciclo e metteranno a rischio settori cruciali come l’agrifood, che rappresenta il 30% del PIL italiano.
Un balletto ambiguo tra ambiente ed economia.
I ministri europei hanno quindi deciso che per le bevande e il cibo, le confezioni devono essere di carta per motivi di compostabilità; ma le ragioni, sottolineano con sarcasmo, non sono affatto ecologiche, bensì economiche. I principali produttori di carta in Europa, Germania, Svezia e Finlandia, sorridono di gioia, mentre la Cina e il Canada contribuiscono fornendo pasta di cellulosa.
La contraddizione emerge quando si tocca il Green Deal dell’Ue, che propone di non coltivare per piantare alberi: ironicamente, per rendere impermeabili questi “ecologici” imballaggi di carta, si fa ricorso a sostanze chimiche, ufficialmente bandite dalla produzione di imballaggi entro il 2025.
Il Consiglio europeo si imbatte in un paradosso sullo spreco alimentare. Mentre la Commissione propone riduzioni del 10% nella produzione di cibo buttato entro il 2030, gli imballaggi di carta, noti per accelerare il deterioramento di frutta e verdura, sembrano in contrasto con tale obiettivo.
La politica sembra guidare le decisioni dei ministri per favorire i Paesi del Nord e la Grecia, concedendo deroghe a isole con meno di 2.000 abitanti.
Il vetro per il vino è ancora un punto interrogativo, con l’ipotesi di bottiglie “a rendere” che potrebbe sollevare seri problemi. Nel frattempo, i produttori di champagne difendono le loro gabbiette in fil di ferro, mettendo in discussione l’intera logica di questa insolita coreografia normativa. In questo strano balletto tra ecologia e convenienza economica, l’Ue sembra ballare sul filo dell’ironia.
L’ultima speranza.
Ora l’unica speranza potrà arrivare dal Trilogo (Consiglio, Parlamento e Commissione europea), che si spera venga convocato nel prossimo gennaio prima della scadenza dei mandati e delle elezione europee di giungo 2024.
“L’Italia auspica che durante i negoziati in sede di trilogo prevalga la posizione dell’Europarlamento. Il governo respinge in particolare i vincoli rigidi e i target sul riuso e critica le disposizioni riguardanti il settore delle bevande su cui ha insistito molto la Germania. Sono disposizioni destinate ad agevolare le grandi imprese e a penalizzare il sistema italiano delle Pmi, con il rischio di incrinare l’equilibrio del mercato interno”
Queste le parole del Ministro Frattin; speriamo che dopo le lacrime da eco-ansia, a piangere veramente alla fine non siano le nostre imprese e i nostri lavoratori per colpa di queste folle ideologie verdi.