Il mondo digitale, inebriato dalle promesse della quarta rivoluzione industriale guidata dall’intelligenza artificiale (IA), sembra ignorare il prezzo ambientale che ne deriva. Contrariamente alla bandiera verde sventolata con entusiasmo, emergono inconvenienti legati all’ascesa della cosiddetta IA, in particolare nell’uso intensivo di acqua nei data center delle grandi aziende come Microsoft e Google.
Le valutazioni accademiche sui consumi d’acqua.
Lo studio condotto da Shao-lei Ren dell’Università della California, che sarà presto pubblicato, ha lanciato un grido d’allarme sulla sostenibilità ambientale dei data center dedicati all’IA. Il focus principale si concentra su ChatGpt di OpenAI, una società di proprietà di Microsoft, sottolineando che per ogni sessione di 5-50 domande o suggerimenti, l’algoritmo “beve” mezzo litro d’acqua. Questo consumo varia notevolmente a seconda della località geografica dei server e delle condizioni climatiche.
Le cifre impressionanti fornite dalle stesse aziende nel loro report annuale ambientale evidenziano un boom nei consumi di risorse naturali. Nel 2022, Microsoft ha registrato un aumento del 34% nei consumi globali di acqua, raggiungendo i 6,4 milioni di metri cubi, principalmente a causa dell’incremento della capacità di calcolo richiesta per l’addestramento di ChatGpt. Google, altrettanto coinvolta nelle attività legate all’IA, ha dichiarato un aumento del 20% nei consumi di acqua nell’anno precedente.
La scelta strategica di Microsoft di posizionare tre data center a West Des Moines, Iowa, svela ulteriori considerazioni ambientali. Il clima temperato riduce la necessità di raffreddamento rispetto ad altre regioni, ma il sistema di raffreddamento preleva ingenti quantità d’acqua dagli acquedotti solo durante le calde estati.
La questione dell’intensità idrica nei data center, nonostante sia un problema noto, rimane sorprendentemente poco discussa. Il confronto con situazioni come quella del 2020 in Oregon, dove i data center di Google sono stati accusati di enormi consumi d’acqua, dimostra che il problema non è limitato a singole località. Iniziative come il progetto di Microsoft di sperimentare depositi sul fondo del mare evidenziano la ricerca di soluzioni innovative per affrontare il problema.
Lo sviluppo del “liquid cooling”.
Tuttavia, l’hardware richiesto per alimentare queste applicazioni ad alta intensità di calcolo sta già superando le capacità delle tradizionali tecniche di raffreddamento ad aria. Per prepararsi a questo futuro, l’industria dei data center sta adottando il liquid cooling, un sistema che utilizza liquidi, spesso acqua, al posto dell’aria, per dissipare il calore in modo più efficiente, riducendo così il consumo energetico e lo spazio necessario.
Il liquid cooling, inizialmente una soluzione di nicchia, sta rapidamente guadagnando terreno a livello globale. Secondo il recente rapporto della società di ricerca Imark Group, il mercato del liquid cooling ha raggiunto i 2,9 miliardi di dollari di fatturato nel 2023, prevedendo una crescita annua del 19,5% che lo porterà a toccare i 15,3 miliardi di dollari nel 2032.
I data center, essendo notoriamente avidi di energia, contribuiscono significativamente alle emissioni di gas serra e al consumo globale di elettricità. Costruire nuovi data center o aumentare le dimensioni di quelli esistenti non è più sostenibile. La chiave per affrontare la crescente domanda di capacità di calcolo è ottimizzare le prestazioni, e il liquid cooling potrebbe essere una soluzione efficace.
Il liquid cooling offre diversi vantaggi, dissipando dieci volte più calore dell’aria e consumando dieci volte meno energia per lo stesso livello di raffreddamento. Ciò consente una scelta flessibile tra risparmio energetico e aumento della potenza senza dover aumentare il numero di server. Inoltre, le soluzioni di liquid cooling consentono un risparmio significativo di spazio, quattro volte maggiore rispetto alle soluzioni di raffreddamento ad aria.
Tuttavia, integrare il raffreddamento a liquido nei data center esistenti richiede un’attenta progettazione e un investimento a breve termine.
In conclusione, l’entusiasmo per la rivoluzione digitale e l’IA deve essere temperato dalla consapevolezza dei costi ambientali. Mentre il digitale avanza verso nuovi orizzonti, è essenziale considerare le risorse naturali, in particolare l’acqua, come il nuovo petrolio, e cercare soluzioni sostenibili per garantire un futuro bilanciato tra innovazione tecnologica e responsabilità ambientale.