Se esattamente un anno fa, acquistare legname a causa della scarsità dovuta alla pandemia e alla guerra in Ucraina era diventato un lusso “quasi” per pochi: ricordiamo i prezzi che per i pellet raggiungevano i 600 euro a tonnellata, i segati per imballaggio costavano tra i 400 e i 480 euro, mentre il legno lamellare poteva arrivare a 1.000/1.100 euro al metro cubo.
Oggi, la situazione è radicalmente cambiata. I prezzi si sono in media dimezzati, con una forte accelerazione nell’ultimo mese. Ad esempio, il legno di abete, non tagliato, è sceso a 34,2 euro al metro cubo nel terzo trimestre, contro i 75 euro del 2022. Questa inversione di tendenza è evidente in tutta l’Europa e sta causando perdite significative alle segherie che ora si trovano a svendere il legname accumulato quando i prezzi erano alti.
La causa principale di questa situazione, almeno in Italia, è la lunga coda degli effetti della tempesta Vaia, che colpì circa 14 milioni di alberi cinque anni fa. Le difficoltà nella gestione di questa catastrofe naturale hanno portato alla necessità di accelerare il prelievo boschivo, innondanto così il mercato di una grande quantità di legname nel momento in cui la domanda delle aziende trasformatrici stava iniziando a rallentare a causa della frenata dell’economia globale.
Le segherie, ora sovraccariche di prodotto, stanno affrontando una domanda in declino e prezzi in caduta libera. La situazione, già in corso dalla seconda metà dell’anno precedente, sembra destinata a protrarsi anche nel 2024.
La domanda di legno “potrebbe” ripartire nel medio-lungo periodo, sostenuta ancora una volta dalle politiche europee per un’edilizia sostenibile, ma nel breve termine, fattori come il rallentamento dell’economia mondiale, il rialzo dei tassi di interesse e la fine delgli incentivi sulla casa in Italia, contribuiranno a mantenere bassi i prezzi del legno.